Santu Lussurgiu

Con i suoi duemila cinquecento abitanti, collocato nel versante orientale della catena del Montiferru, in provincia di Oristano, Santulussurgiu è sicuramente uno di quei rari centri della Sardegna che ha mantenuto una precisa identità collettiva, ancorando tenacemente il proprio modo di vivere e di comportarsi a specifiche usanze e tradizioni che, nel corso del tempo, sono diventate originali segni distintivi. Il «collante» di questa identità si può rintracciare soprattutto nelle feconde relazioni che questa comunità è riuscita a costruire tra il sapere alto ed ordinato e le singolari espressioni della “cultura materiale”. Storicamente questa “humanitas” affonda le radici nel lontano ‘400 quando a Santulussurgiu soggiornò il Beato Bernardino da Feltre che fondò il convento dei Frati Minori Osservanti, con annessa la chiesa di Santa Maria degli Angeli. L’opera dei frati, attraverso i cerimoniali religiosi e la scuola di grammatica, contribuì ad elevare la spiritualità e la cultura del paese. Echi ancora forti di una tradizione culturale umanistica sono stati trasmessi nell’800 dalla scuola di latinità e retorica dei Padri Scolopi. Dall’inizio del secolo fino ad un recente passato il ginnasio “Carta Meloni”, è stato uno dei più influenti centri di istruzione della Sardegna. La presenza dal 1951 del Centro di Cultura Popolare ha contribuito ad attenuare ulteriormente il «divario e lo stato di subordinazione culturale» di molti lussurgesi.

Una comunità benestante con una stratificazione sociale complessa rispetto ad altri paesi della Sardegna, caratterizzata dalla presenza di una ampia classe intermedia di artigiani, demiurghi con una eccezionale maestria tecnica. È in questo scenario comunitario, con classi sociali ben distinte e certamente non egualitarie che si organizza e si struttura il canto e che prendono forma le pratiche esecutive musicali. La struttura sociale, la divisione sessuale e del lavoro hanno sicuramente influenzato il comportamento musicale e la modalità di fare musica a Santulussurgiu.


Cantare a Cuncordu a Santulussurgiu
Fare musica a Santulussurgiu significa cantare a cuncordu. Si tratta di una modalità di canto a quattro parti corali: su bassu, sa contra, sa ‘oghe e su cuntraltu, con ruoli assolutamente alla pari. Il canto si esegue stando in piedi e mantenendosi fermi, evitando pertanto movimenti ineleganti. La geometria esecutiva è il cerchio, contrassegnato da precise posizioni spaziali, tali da far corrispondere su bassu di fronte a sa ‘oghe e sa contra di fronte a su contraltu. L’emissione della voce de sa ‘oghe è generalmente morbida e naturale, molto vicina all’impostazione vocale colta, il basso è cavernoso e di petto, non presenta, comunque, asperità timbriche tipiche del basso di gola dei canti a tenore A differenza di altri canti a più parti non troviamo un conduttore predominante del canto, nel nostro caso, il testo verbale-orale viene esposto/intonato dal tenore (sa ‘oghe) o dal Basso, ma successivamente nello svolgimento del testo tutti concorrono alla ripetizione o alla prosecuzione del testo esposto dal solista. A questa regola non fa eccezione neanche sa pastorina, un canto molto ritmato, dove permane una pariteticità di esecuzione, anche dove bassu, contra, ‘oghe e cuntraltu pronunciano sillabe sprovviste di senso che concludono la sequenza sintattica del verso. Questa modalità ricorda i canti a tenores, in cui, però, la parte solista sa ‘oghe “monopolizza” tutto il testo , mentre gli altri componenti esibiscono un blocco ritmico modulato su sillabe nonsenso. Nel canto a Cuncordu il ritmo è sempre libero e non presenta strutture formali cicliche con ripetizioni di unità musicali (Macchiarella, 2012). Si osservano separazioni e avvicinamenti di moduli e sequenze di materiale musicale di plurivoca estensione, che permette spazi di virtuosismo vocale e personalizzazione del canto.


I principali contesti esecutivi

Storicamente i contesti dove nasce il desiderio di fare musica sono i cerimoniali confraternali e i luoghi più profani: la piazza , la cantina, le feste che si trasformano in luoghi di apprendimento e di affinamento delle competenze e delle abilità canore; palestre esecutive dove si consolidano le relazioni interpersonali e si polarizzano le forme di cooperazione e di competizione.

Questa modalità di canto a più voci di tradizione orale trova la sua massima espressione nelle liturgie e paraliturgie della Settimana Santa. Oggi a Santulussurgiu sono presenti quattro confraternite: sa Cunfraria ‘e su Rosariu, (la Madonna del Rosario), sa Cunfraria ‘e Santa Rughe (della Santa Croce o del Gonfalone) , sa Cunfraria de su Carmene (Nostra Signora del Carmelo) e sa Cunfraria de Sette Dolores (dell’ Addolorata). Le confraternite hanno un ruolo distinto e codificato all’interno dei contesti esecutivi musicali e dei riti paraliturgici della Settimana Santa. Tradizionalmente sa Cunfraria ‘e su Rosariu è incaricata di preparare e di gestire i riti paraliturgici della Settimana Santa.

Il Settenario – La settimana che precede la Domenica delle Palme è una ricorrenza importante per i contesti esecutivi del canto. Tutte le sere, fino alla festività della Madonna Addolorata, nella chiesa parrocchiale viene ufficiata la santa Messa al termine della quale Su Cuncordu ‘e Sette Dolores esegue strofe di Novena dell’Addolorata. A conclusione del settenario la messa del venerdì è accompagnata dai canti dell’Ordinarium Missae, eseguiti del coro della Confraternita dell’Addolorata.

La Domenica delle Palme – Sa Duminica ‘e Prammas- è un altro momento suggestivo per il canto: la Santa Messa è accompagnata dai canti del coro della confraternita di Santa Croce.

Il Martedì Santo – Su Nazzarenu- Nella chiesa di santa Croce la Confraternita cura il rituale de Su Nazzarenu (il Cristo alla colonna), ritualizzato con una via crucis, all’interno della chiesa, e da una processione, nel centro storico, arricchito dal canto del Miserere e de Sa Novena (Stabat Mater), rigorosamente eseguiti da su Cuncordu ‘e Santa Rughe.

Il Giovedì Santo -S’incravamentu- è la giornata dell’Ultima Cena di Cristo: ill pomeriggio da Santa Maria degli Angeli (Cunventu) si snoda la processione con il Cristo in Croce, portato in spalle dai confratelli del Rosario, mentre i confratelli del Carmine accompagnano il simulacro della Madonna Addolorata: Durante il tragitto vengono cantati i versi del Salmo 50 (Miserere) e intonati quelli dello Stabat Mater , in sardo, (Sa Novena) dai cantori de su Cuncordu ‘e su Rosariu.

Il Venerdì Santo -S’incravamentu- è la giornata più importante della Settimana Santa. La deposizione del Cristo dalla croce viene seguita da una silenziosa ritualità interrotta dal canto del su Cuncordu ‘e su Rosariu che intona , nelle diverse tappe del percorso processionale , le strofe del Miserere e, all’interno della chiesa parrocchiale, lo Stabat Mater ( A pes de s’agonizzante) , rivolta alla Madonna Addolorata.

La sagrestia è un altro luogo di incontro dei cantori. Dopo la cerimonia della deposizione del Cristo dalla Croce, e la conclusione della processione, si apre una sorta di appendice cerimoniale in cui la situazione performativa assume una connotazione sociale corale; gli interpreti e gli ascoltatori condividono sentimenti e pensieri che sono profondamente influenzati dall’esperienza e dai rapporti sociali. In un gioco competitivo i cori ufficiali delle confraternite, che hanno scandito le diverse fasi paraliturgiche della Settimana Santa, si confrontano con altri gruppi di cantori, non sempre legati alle confraternite, intonando ripetutamente strofe del Miserere e de sa Novena; in questo contesto si collaudano stili vocali ed elaborazioni musicali molto diversi tra loro. Si assiste spesso ad una forma di incontro tra generazioni diverse: i giovani cantano con gli anziani cantori, dando vita ad inaspettati quanto suggestivi esiti musicali.

Il Carnevale – Sa Carrela ‘e Nanti – è un atro contesto esecutivo significativo. Le cantine, dopo la corsa equestre, si riempiono di cantori che eseguono canti profani: s’Istudiantina, s’Achetutzedda, sa Pastorina, Un triduo carnevalesco (domenica, lunedì e martedì di carnevale) in cui si da libero sfogo ad una molteplicità di occasioni aggregative di cantori. Lontani dalle categorie della musica-cerimoniale, ci si immerge in un contesto più socializzante e spontaneo, che non lascia spazio a designazioni gerarchiche o a prassi performative rigide. I cantori che partecipano a questo tripudio di canti profani sono in parte gli stessi che si esibiscono nella Settimana Santa, ma soprattutto sono cantori competenti e strutturati in altri cori , non legati alle confraternite o quartetti estemporanei ,che mettono in evidenza esecuzioni e talenti individuali di notevole interesse. L’intensità emozionale delle interazioni sociali tra esecutori e spettatori mostra, ancora una volta, come il fare musica sia legato alla vita e all’attività della comunità.


Repertorio nelle pratiche dell’oralità musicale
Le pratiche esecutive del canto a cuncordu , a Santulussurgiu, si muovono su tre diversi piani. Sul piano dei canti religiosi troviamo due distinti repertori: quello della Settimana Santa, che comprende elettivamente il Miserere, salmo 50 in latino, e sa Novena, rappresentazione dello Stabat Mater in sardo; i due canti sono intonati rigorosamente dal basso, per sottolineare la drammaticità dell’evento. L’altro gruppo di canti religiosi comprende l’Ordinarium Missae (Kyrie, Gloria, Credo, Santus e Agnus Dei), il Te Deum, inno liturgico cantato in occasione di solennità e feste, i Gosos e su Ninniu, un canto natalizio in sardo, tutti intonati, quasi esclusivamente, dalla voce, sa ‘oghe. Questo secondo gruppo di preghiere e di inni liturgici, sono cantati da cori esperti, non sempre legati alle confraternite, in occasione di solennità e feste, nei novenari, nelle messe nuziali e in quelle celebrative.

Sul piano profano troviamo un terzo gruppo di canti, s’Istudiantina, s’Achetutzedda, sa Pastorina, s’Ottava trista, Ite bella chi ses, che vengono eseguiti in una molteplicità di situazioni sociali: serenate, incontri conviviali, manifestazioni culturali, ma soprattutto è il carnevale, sa Carrela ‘e Nanti, che da libero sfogo ad una molteplicità di occasioni esecutive canore profane.

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